Il momento della recensione: “Dominicana” di Angie Cruz

Il momento della recensione: “Dominicana” di Angie Cruz
12 Aprile 2021 accademia

“Per distrarmi mi ripeto l’elenco che mia madre mi ha fatto, prima dell’arrivo di Juan. Vai in America. Tieni pulita la sua casa, cucini, gli tagli le unghie. Mandi soldi a Mamá, impari da Juan, impari dai suoi fratelli. Studi seriamente a scuola e ti fai una professione. Impari l’inglese. Per primi fai venire Mamá e Yohnny, così possono lavorare…”: sono queste le parole di una bambina sposa di origine dominicana costretta ad emigrare negli Stati Uniti. La terra del sogno americano, la terra in cui il duro lavoro appaga, la terra della libertà. Eppure, l’autrice Angie Cruz con il romanzo Dominicana, ispirato al vissuto di sua madre, una delle tante donne dominicane immigrate negli Stati Uniti agli inizi degli anni sessanta in cerca di una vita migliore, ci mostra le sfaccettature delle problematicità legate al fenomeno migratorio e all’integrazione razziale dell’epoca.

Ana è ancora una bambina quando all’età di 15 anni, contro la sua volontà, viene data in sposa a Juan che ha il doppio dei suoi anni e promette un futuro allettante negli USA ai suoi famigliari. Nonostante non conosca ancora il significato dell’amore, in questa giovane ragazza troviamo segni di una profonda maturità che si manifestano nella consapevolezza dell’opportunità che il matrimonio rappresenta non soltanto per il suo futuro, ma per quello dell’intera famiglia. Ana, a differenza di sua sorella Teresa, che secondo l’opinione della madre si è sposata “ingenuamente” per amore, si dimostra pronta a supportare il pesante fardello che ricade sulle sue spalle.

Ciò che colpisce è proprio la semplicità e la naturalezza dello stile con cui la protagonista ci racconta le emozioni e ci trasporta nel suo mondo, quasi come se tra il narratore e il lettore si fosse instaurato un rapporto amichevole. Le parole scorrono in maniera fluida tra i numerosi dialoghi presenti e disegnano un quadro vivido della realtà che a seconda di dove Ana si trovi assume colori freddi o caldi. Il giallo cangiante per descrivere il calore della soleggiata Repubblica Dominicana in cui Ana trascorre una vita modesta all’insegna della spensieratezza e della semplicità giocando con il suo coetaneo Gabriel, che spera un giorno di sposare. Per poi spostarci a New York, la città dai toni che virano dal grigio al blu segnati da uno stile di vita frenetico alla ricerca di una stabilità economica in cui la malinconia di casa e la solitudine assumono un rilievo di primo piano.

Nella Grande Mela, Ana si sente spaesata, non conosce la lingua e le strane usanze di quel paese così estraneo. A volte la solitudine si fa sentire a tal punto che decide di soprannominare con i nomi dei suoi famigliari i piccioni che sfama sul davanzale del suo angusto appartamento, immaginando il giorno in cui la sua famiglia potrà raggiungerla e colmare quel vuoto. Al contrario di ciò che le era stato promesso, non raggiunge uno status sociale benestante, non riceve regali o denaro da parte di suo marito Juan e deve ingegnarsi per riuscire a racimolare qualche dollaro da poter spedire alla sua famiglia a Santo Domingo che ha riposto in lei tutte le speranze. Nella sua personalità troviamo infatti la contrapposizione tra la bambina che vorrebbe ancora essere e la potente determinazione con cui deve crescere prima del previsto per poter mantenere la promessa fatta ai genitori.

Attraverso la narrazione delle difficili condizioni di vita e di lavoro dei personaggi, viene dunque affrontato il tema della difficoltosa integrazione razziale. La storia di Ana è una realistica raffigurazione degli ostacoli, delle speranze e disillusioni che chi decide di partire dalla propria patria affronta: la barriera della lingua, delle usanze nuove, la sensazione di estraniamento accompagnata dalla solitudine e malinconia di casa. Questo romanzo è meritevole di lettura perché ritrae la resilienza e la capacità di adattamento che le donne immigrate in passato hanno dimostrato e che tutt’ora continuano a dimostrare nel percorso di integrazione.

di Klaudia Ziemniak

0 Commenti

Lascia una risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*